PMI in Europa | Quante sono? Come stanno?

Le  PMI rivestono un ruolo fondamentale per il processo di sviluppo del sistema produttivo italiano e non solo… Quante sono? Qual è llaloro importanza? In che misura sono state colpite dalla crisi che nel 2009 si è abbattuta anche sull’Europa?

Cerchiamo di dare una risposta a queste domande.

Il motore dell’economia dell’Unione Europea è rappresentato dalle PMI che, nel 2010, contavano circa 20,8 milioni di unità, di cui circa 19 milioni con meno di 10 dipendenti. Questo significa che il 92 % delle PMI sono di fatto micro-imprese. La quota di aziende di maggiori dimensioni, al confronto, è marginale contando circa 43.000 unità (0,2% del totale). Anche a livello di occupazione le PMI rappresentano una fonte essenziale, impiegando circa 87,5 milioni di occupati e andando così a coprire circa i due terzi di tutte le opportunità di impiego presenti a livello europeo. Analoga situazione si registra anche in termini di valore aggiunto: il 58,4% di quello prodotto nel settore privato dell’Unione è riconducibile alle PMI.

Per quanto riguarda la crisi, le PMI non sono state risparmiate. Nel 2009 il PIL dell’UE a 27 ha mostrato una diminuzione del 4,2%, e l’impatto sulle PMI si è tradotto in un calo di unità (-2,1%) e di valore aggiunto prodotto (-6,4%). Se si considerano però le imprese di maggiori dimensioni, notiamo che sono state colpite ancora più duramente (-3,1% in termini di unità e -7,9% in termini di valore aggiunto prodotto), e anche la successiva fase di recovery si sta dimostrando più lenta.

Come si può spiegare questa diversità di risultati? Le motivazioni sono da ricercare in alcuni fattori che, in un certo senso, hanno “attutito” l’impatto della crisi sulle PMI, tra cui: una minor esposizione nell’attività manifatturiera rispetto alle imprese di grandi dimensioni, minor dipendenza dai mercati finanziari e da alcuni strumenti finanziari di complessa gestione, fenomeno delle start up. Quest’ultimo elemento ha giocato un ruolo molto importante nel contenimento della riduzione del numero delle PMI, infatti che non riscontrabile nel caso della grande impresa. In questo periodo di difficoltà, si sono scoperti nuovi imprenditori, alcuni dei quali hanno intrapreso questa strada a fronte della conclusione di un impiego “tradizionale” in azienda. Anche a livello di fatturato, il calo registrato dalle PMI è stato inferiore rispetto a alle imprese maggiori, e quelle che hanno resistito meglio sono state quelle di medie dimensioni in quanto tendono ad avere una maggior presenza anche su mercati esteri tramite export.

La ripresa di cui si accennato e che è iniziata nel 2010 sembra favorire le PMI anche se permangono delle differenze nazionali soprattutto in termini di occupazione e valore aggiunto prodotto. Per questo è possibile identificare nell’UE-27, tre classi di appartenenza per i paesi:

– gruppo P-P: tassi di crescita positivi sia per occupazione che valore aggiunto, vi troviamo Austria, Germania, Lussemburgo, Malta, Romania, Svezia, UK;

– gruppo N-N: tassi di crescita negativi in entrambi gli indicatori, tra cui Grecia, Irlanda, Soagna, Lettonia e Lithuania

– gruppo P-N: tasso di crescita positivo per quanto riguarda il valore aggiunto ma tasso negativo per quanto riguarda l’occupazione. In quest’ultima categoria troviamo Italia, Francia, Danimanrca, Belgio, Rep. Ceca, Ungheria, Paesi Bassi, ecc.

Dove sono da ricercare queste differenze? E’ interessante scoprire che alcune delle performance nazionali a livello macroeconomico, di fatto influenzano in modo più o meno significativo sia la ripresa dell’occupazione nelle PMI che il loro contributo in termini di valore aggiunto. In particolare, ci si focalizza su: crescita del PIL, esportazioni, innovazione e composizione del tessuto industriale per settori. Le relazioni più significative riscontrate sono quelle con la crescita del PIL e l’innovazione. Quest’ultima, in particolare, rappresenta l’elemento principale su cui focalizzare la propria attenzione e che può riguardare: prodotti, processi, servizi, mercati e management.

L’export, in generale, se pur “benefico” per le PMI rimane una criticità in quanto vi è ancora una mancanza di conoscenza dei mercati esteri e di come poter gestire le pratiche commerciali internazionali. 

Si conferma quindi la necessità di sviluppare politiche nazionali, a sostegno delle aree sopra indicate perché queste a loro volta hanno la capacità di influenzare la recovery delle PMI.

Da considerare che oltre a questi dati, ciò che conta maggiormente per garantire un’effettiva ripresa è la fiducia e la capacità di elaborare dei piani di business di medio periodo programmando anche i prossimi investimenti, soprattutto in termini di innovazione.

 

I dati riportati in questo articolo sono tratti da “Annual Report on EU Small and Medium sized Enterprises 2010/2011”.
Link: http://ec.europa.eu/enterprise/policies/sme/facts-figures-analysis/performance-review/files/supporting-documents/2010-2011/annual-report_en.pdf

 

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